S.L.A.SH Project: Introduzione

Pubblicato da: Daniela il 08/07/2025

Nel corso dell'anno scolastico, come mio metodo organizzativo e di studio, ho raccolto vari appunti e redatto riassunti per schematizzare e consolidare gli argomenti appresi durante le ore di lezione. Talvolta però, a causa magari di assenze dovute (ahimè!) a impegni lavorativi o extrascolastici, ho avuto l'esigenza di dover condividere coi miei compagni di classe il materiale da loro raccolto (e viceversa) in modo da recuperare il lavoro svolto con l'insegnante. È sorta quindi da subito l'esigenza di trovare uno strumento che ci permettesse di organizzare e distribuire in maniera efficiente queste informazioni oltre a fornire un ulteriore supporto allo studio e confrontarsi insieme sui vari argomenti.

Inizialmente, per semplicità, mi sono orientata verso alcuni servizi cloud che oggigiorno risultano essere assai di moda per il backup o la condivisione dei propri dati. L'offerta in tal senso è piuttosto variegata: quasi tutti comprendono una certa quantità di spazio gratuito a disposizione e un software proprietario (o un'interfaccia web) con cui trasferire i file da e verso i loro server. Sebbene un servizio di questo tipo possa essere comodo per un uso generalista, mi sono ben presto resa conto che mancavano delle funzioni più specifiche, in particolare una condivisione avanzata del materiale che consentisse una collaborazione attiva tra più utenti.

La mia ricerca si è pertanto spostata verso una soluzione più specialistica, un Content Management System (CMS) pensato proprio per gli studenti. Un CMS è un software installato lato server che consente a uno o più utenti, senza particolari conoscenze informatiche, di inserire e pubblicare contenuti: esistono tantissimi progetti, molti dei quali distribuiti con licenze open. Tra questi i più famosi sono sicuramente Wordpress (per i blog), Joomla e Drupal (per siti complessi), Prestashop (per l'ecommerce) e infine MediaWiki, sul quale si basa la nota enciclopedia online Wikipedia. Quest'ultimo CMS in particolare viene spesso utilizzato come repository di informazioni e per certi aspetti (collaborazione tra utenti, condivisione di articoli, pubblicazione di media, eccetera) poteva essere adatto al mio caso. Tuttavia, la natura enciclopedica con cui sono organizzati gli articoli ma anche la relativa complessità del sistema (assolutamente non necessaria per il mio problema iniziale) mi hanno fatto desistere dall'adottare questo strumento in quanto inadatto agli scopi che mi ero preposta.

Sono quindi giunta alla conclusione che un CMS è tanto più efficiente quanto più è specializzato: il CMS ideale andava progettato e sviluppato partendo dalle mie precise specifiche ed esigenze scolastiche. Come ho appreso dalle lezioni di informatica, ogni buona analisi che si rispetti deve sempre partire da un “problema” chiaro e preciso, per delineare non solo le funzionalità necessarie ma anche i limiti stessi del sistema. Ho quindi iniziato a tracciare un elenco dei requisiti a cui doveva rispondere il progetto:

 

  1. pubblicazione, da parte di utenti registrati, di appunti scolastici organizzati non solo per materia ma anche per unità didattica in base all'argomento trattato;
  2. consultazione del materiale libera e aperta a tutti, anche ad utenti non registrati;
  3. possibilità di discutere i contenuti di un singolo articolo, in modo da ampliarlo o segnalare inesattezze e migliorie al suo autore;
  4. inserimento di media, come immagini o file PDF, per arricchire i singoli appunti;
  5. funzione di ricerca e organizzazione tematica alternativa tramite parole chiave (i cosiddetti tag).

 

Andando oltre alle mie singole esigenze per questo progetto, risulta naturale soffermarsi su una riflessione più ampia riguardante l'importanza della condivisione delle informazioni, una necessità da sempre sentita dalla collettività e che cresce di pari passo all'aumentare delle conoscenze scientifiche e più in generale nei vari campi del sapere umano. Da un punto di vista storico, l'uomo è alla continua ricerca di una risposta ai fenomeni naturali e alle regole fisiche che governano la realtà, oltre che al soddisfacimento dei propri bisogni, spesso tramite strumenti via via più complessi che gli consentano di superare i suoi limiti fisici.

Questo studio incessante ha prodotto una straordinaria mole di informazioni che, a sua volta, funge da base stessa per nuove ricerche e scoperte che producono ulteriori conoscenze e alimentano un circolo virtuoso potenzialmente infinito. Da qui l'esigenza di catalogare, pubblicare, e condividere questi dati che altrimenti risulterebbero inaccessibili e di fatto inutilizzabili.

La primissima invenzione che ha consentito di organizzare e mantenere queste informazioni è datata attorno al 3200 a.C.: la scrittura. Prima ancora esisteva la tradizione orale o la pittura, ma con ovvi limiti di questi mezzi: nel primo caso l'impossibilità di trasmettere in modo durevole e affidabile le informazioni, mentre il secondo non garantisce un'interpretazione univoca oggettiva per la stessa immagine (senza contare poi alcuni concetti astratti difficilmente rappresentabili con una figura in maniera chiara e inequivocabile).

Fin dall'antichità esistevano varie biblioteche (fra queste sicuramente la più famosa fu la Biblioteca di Alessandria, fondata nel III secolo a.C.) che raccoglievano centinaia di migliaia di rotoli. Con la caduta dell'Impero Romano, il lavoro di trascrizione e conservazione svolto dai monaci benedettini risultò di fondamentale importanza per preservare opere e conoscenze che altrimenti sarebbero andate irrimediabilmente perdute nel corso del Medioevo.

Il costo dei libri restava tuttavia alto e il loro numero limitato a causa dei tempi e del lavoro richiesto dagli amanuensi per redigerne il contenuto; questo problema era di ostacolo alla diffusione della cultura e delle conoscenze, che restavano un privilegio delle classi benestanti. La tecnica di stampa a caratteri mobili di Johannes Gutenberg del 1455 e la nascita delle prime officine di stampa in Europa, consentirono finalmente una svolta nella condivisione non solo delle conoscenze ma anche dei pensieri politici, filosofici e religiosi che saranno poi alla base delle rivoluzioni culturali dei secoli successivi.

Tornando alla nostra epoca moderna, e in particolare al Novecento, la scoperta delle onde radio da parte di Guglielmo Marconi nel 1895 e le successive applicazioni pratiche (radio e televisione) insieme all'invenzione del telefono (Antonio Meucci e Alexander Graham Bell) furono un impulso eccezionale e decisivo alla condivisione delle conoscenze e di fondamentale importanza nella società odierna. Grazie a queste tecnologie, è diventato possibile per chiunque accedere a qualsivoglia informazione o notizia in tempo reale o quasi da qualsiasi parte del pianeta.

In ambito informatico, non si può non citare la rete Internet: essa nacque negli anni sessanta come progetto militare statunitense. In quel particolare periodo storico, noto come guerra fredda, si formarono due blocchi internazionali distinti e contrapposti sia dal punto di vista politico che ideologico: il blocco occidentale, formato dagli Stati Uniti d'America e gli alleati della NATO, e quello orientale, composto dall'Unione Sovietica e dai paesi del Patto di Varsavia. Sebbene le due potenze non si confrontarono mai in una guerra diretta (che, a causa della disponibilità delle bombe atomiche avrebbe avuto conseguenze devastanti per l'intero pianeta) il periodo fu contraddistinto da vari conflitti locali e una continua tensione dovuta alla paura del deterrente nucleare.

Le origini di Internet risalgono al primo progetto del 1969 chiamato ARPANET, una rete di computer gestita da ARPA (Advanced Research Projects Agency) un'agenzia fondata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a scopo di ricerca. All'epoca l'esigenza principale era quella di mettere in comunicazione tra loro i computer presenti nelle numerose sedi e laboratori per facilitare lo scambio di file e informazioni, anche tra sistemi non compatibili fra loro. Una delle particolarità più interessanti della rete era la commutazione di pacchetto: tramite questa tecnologia di trasporto dati, l'informazione viene suddivisa in pacchetti trasmessi in sequenza attraverso nodi diversi della rete stessa. L'idea era probabilmente quella di costruire un'infrastruttura decentrata che potesse restare operativa anche durante gravi malfunzionamenti di uno o più nodi, o persino in caso di attacchi con armi nucleari.

Nel corso degli anni settanta si collegarono ad ARPANET importanti centri di ricerca e università, oltre che altri network con caratteristiche simili, provocando una crescita continua ed esponenziale della rete. Nel 1982 venne definito il protocollo di comunicazione TCP/IP e la struttura dell'attuale Internet. Ormai gli scopi militari erano venuti meno e nel 1983 fu inevitabile una separazione, con la creazione di MILNET e ARPA-INTERNET. Nel 1990 ARPANET viene dichiarato obsoleto e l'intera rete progressivamente privatizzata; la nascita dei service provider ha consentito ad un pubblico sempre più vasto la possibilità di connettersi.

Proprio in quegli anni, grazie ad una geniale intuizione del ricercatore Tim Berners-Lee del CERN, viene presentato il World Wide Web (WWW): l'esigenza del laboratorio di fisica europeo era proprio quello di implementare un sistema per organizzare e condividere l'enorme quantità di dati prodotta dagli esperimenti scientifici condotti. I contenuti presenti nel World Wide Web sono organizzati all'interno di siti web e suddivisi in pagine collegate fra loro da link, così da formare un vasto ipertesto fruibile dagli utenti senza dover seguire un “percorso” predeterminato ma tramite una navigazione personale seguendo una propria logica o ricerca particolare.

Il funzionamento del World Wide Web è reso possibile da alcuni standard, tra i quali:

 

  1. il linguaggio HTML (HyperText Markup Language) con cui sono scritte le pagine web;
  2. il protocollo di rete HTTP (HyperText Transfer Protocol) che determina le regole per la trasmissione delle pagine web e lo scambio dei contenuti;
  3. lo schema che consente di indirizzare le singole risorse (siti, pagine web o singoli contenuti all'interno di una pagina) chiamato URL (Uniform Resource Locator).

 

Nel 1993 il CERN decise di rilasciare al pubblico gli standard del World Wide Web rinunciando a qualsiasi diritto d'autore e allo stesso tempo fondando un consorzio (il W3C, World Wide Web Consortium) che ha come scopo principale la definizione degli sviluppi futuri di questa tecnologia. Queste scelte hanno determinato il successo del World Wide Web che, da strumento di lavoro per scienziati e addetti ai lavori, in breve tempo si è diffuso in qualsiasi ambito consentendo la condivisione di un impressionante numero di contenuti.

A questo punto è importante aprire una parentesi riguardante il diritto d'autore. La proprietà intellettuale nasce dall'esigenza di riconoscere ad un inventore (o un'azienda) la paternità della propria scoperta o opera, in modo tale da rendere remunerativo il processo creativo. In un sistema capitalistico come il nostro infatti, la ricerca scientifica o lo sviluppo di nuove tecnologie rappresentano per una società privata nient'altro che un tipo di investimento che deve restituire un profitto adeguato alle risorse economiche impiegate. In assenza di tutele i rischi dell'investimento risulterebbero maggiori poiché altre aziende concorrenti potrebbero sfruttare il lavoro di ricerca svolto da altri, riducendo quindi i guadagni e sfavorendo l'innovazione stessa. Allo stesso tempo però, una tutela eccessiva risulta di ostacolo al progresso poiché rende oneroso sfruttare le idee di altri per nuovi progetti oppure crea “rendite di posizione” grazie alle royalties garantite, ad esempio, da brevetti troppo lunghi.

In senso opposto sono nate le licenze di tipo open source che consentono all'utente non solo di ridistribuire gratuitamente il materiale, ma anche di modificarlo e crearne opere derivate senza dover pagare un compenso ai relativi autori. Una licenza di questo tipo può apparire a prima vista controproducente, tuttavia ha consentito lo sviluppo di nuovi modelli di business remunerativi che si sono posti in competizione con quelli più tradizionali. Un software open source grazie alla sua stessa natura può diffondersi più facilmente rispetto ad uno proprietario e formare una buona base di utenti; gli autori possono quindi monetizzare proponendo servizi aggiuntivi (ad esempio l'assistenza) o altri prodotti correlati (come libri e documentazione).

Per questi motivi, è mia intenzione consegnare all'Istituto i sorgenti del progetto con licenza GNU GPL: la mia speranza è che altri studenti possano ampliarlo secondo le loro esigenze e creatività, o semplicemente utilizzarlo per le funzioni che offre e la condivisione degli appunti di classe. Dal mio punto di vista, questo lavoro si è rivelato un importante arricchimento e perciò il mio desiderio è che possa fornire uno stimolo interessante anche ad altri così come è stato per la sottoscritta.