Titolo III - Rapporti economici
ART. 35 – LA TUTELA DEL LAVORO
L’articolo manifesta un orientamento favorevole al lavoro e alla sua tutela, a cui il legislatore deve attenersi (vedi artt. 1/1 e 4). La formazione professionale, tra i compiti delle regioni (ora tra le materie le cui leggi sono di competenza concorrente di stato e regioni), riguarda corsi per disoccupati, per lavoratori che intendano riqualificarsi, per apprendisti ecc. L’Italia aderisce all’Organizzazione internazionale del lavoro e alle relative convenzioni (in tema di lavoro notturno, di lavoro dei minori, della protezione dagli infortuni ecc.). Ha stipulato, inoltre, vari accordi per tutelare il lavoro degli italiani all’estero. Da ricordare, infine, la legge n. 300 del 1970, Statuto dei lavoratori.
ART. 36 – LA GIUSTA RETRIBUZIONE E I DIRITTI IRRINUNCIABILI
Il principio della retribuzione sufficiente, in ogni caso, ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, serve da guida quando i magistrati giudicano una controversia di lavoro, in cui un imprenditore si rifiuti di applicare i contratti collettivi di lavoro. Infatti, è nel contratto collettivo che si trovano le condizioni mediamente migliori per tutti i lavoratori del settore. Per quanto riguarda la durata massima, la legge (2003) stabilisce l’orario di lavoro in 40 ore settimanali.
ART. 37 – LA TUTELA DELLA DONNA LAVORATRICE E DEI MINORI
Il primo comma afferma il principio della parità fra lavoratori e lavoratrici, per quanto riguarda la retribuzione e le condizioni di lavoro e carriera. L’attuazione di questo principio (vedi anche artt. 3/1 e 29/2) ha dovuto, però, attendere la legge n. 903 del 1977, che vieta ogni discriminazione nell’assunzione e nella progressione di carriera. La legge n. 1204 del 1971 (come applicazione dell’art. 31) tutela la lavoratrice madre, prevedendo cinque mesi di astensione obbligatoria dal lavoro in caso di gravidanza e parto e il diritto a permessi per accudire il bambino (permessi estesi anche al padre). Gli ultimi due commi pongono limiti di età (quindici anni), di durata (divieto di lavoro notturno, festivo, straordinario), di qualità (divieto di attività pericolose, faticose, dannose alla salute) al lavoro dei minori (vedi art. 31/2).
ART. 38 – LA PROTEZIONE SOCIALE
Si dà applicazione al dovere di solidarietà previsto dall’art. 2, con un impegno per lo stato di favorire l’inserimento nel lavoro di inabili e minorati (assunzioni obbligatorie degli invalidi) e di assistere chi non è in grado di lavorare. Nello stesso tempo devono essere previste (come applicazione degli artt. 4/1, 35 e 36) forme di assicurazione obbligatoria per tutti i lavoratori, per far fronte alle esigenze che sorgono da infortuni, malattie, vecchiaia.
ART. 39 – LA LIBERTA’ SINDACALE
Con l'articolo 39, i costituenti hanno ritagliato nel più ampio diritto di libertà di associazione una disciplina specifica per la libertà di associazione sindacale. Dall'articolo 39 ha trovato una reale applicazione soltanto il primo comma, perché per il resto della norma, cioè il procedimento della registrazione, con il conseguente acquisto della capacità giuridica, non ha finora ricevuto attuazione. Ad oggi, quindi, i sindacati sono associazioni non riconosciute, regolate da propri statuti, che hanno il compito di tutelare gli interessi collettivi, sia economici, sia professionali degli aderenti di una categoria. Il compito principale dei sindacati è quello di stipulare contratti collettivi per stabilire il salario, l'orario di lavoro, le ferie ecc. Di fatto, però, le loro rivendicazioni non riguardano soltanto la retribuzione, ma coinvolgono anche l'aspetto normativo (sicurezza sul posto di lavoro, possibilità di effettuare assemblee ecc.). A partire dagli anni Settanta, la loro posizione è diventata ancora più rilevante in seguito all'introduzione dello Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970) che ha riconosciuto l'attività delle organizzazioni sindacali anche all'interno dei luoghi di lavoro. La maggiore importanza assunta dai sindacati e le attribuzioni riconosciute loro da numerose leggi in tema di lavoro sono, tuttavia, da attribuire al compito del sindacalismo, che è quello di facilitare la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione sociale, e alla rappresentatività del sindacato, cioè al numero degli aderenti, che ha un peso determinante al momento della contrattazione con il datore di lavoro. Nell'uso corrente con il termine sindacato si fa riferimento alle organizzazioni dei lavoratori dipendenti, ma esistono anche associazioni dei lavoratori autonomi e dei datori di lavoro. Le principali organizzazioni sindacali sono: - dei lavoratori dipendenti: CGIL (Confederazione Generale Italiana Lavoratori) CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori) UIL (Unione Italiana del Lavoro).
- dei lavoratori autonomi: CONFARTIGIANATO (Confederazione Generale dell'Artigianato Italiano) CONFESERCENTI (Confederazione degli Esercenti Attività Commerciali e Turistiche) CNA (Confederazione Nazionale dell'Artigianato).
- dei datori di lavoro: CONFINDUSTRIA (Confederazione Generale dell'Industria Italiana) CONFAGRICOLTURA (Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana) CONFCOMMERCIO (Confederazione Generale del Commercio) CONFAPI (Confederazione Nazionale della Piccola Industria).
ART. 40 – IL DIRITTO DI SCIOPERO
Lo sciopero, cioè il rifiuto di prestare il proprio lavoro, era considerato nello stato liberale un inadempimento degli obblighi contrattuali e, quindi, poteva condurre al licenziamento. Durante il fascismo, invece, veniva addirittura punito come un reato. Ora invece è un diritto costituzionale e comporta soltanto la perdita della retribuzione. La legge n. 146 del 1990 ha regolamentato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali (sanità, trasporti, istruzione, comunicazioni), obbligando a dare un preavviso e regolando la precettazione (l’ordine di presentarsi al lavoro dato dal prefetto o dal governo).
ART. 41 – LA LIBERTA’ DI INIZIATIVA ECONOMICA
L’articolo (coniugando i principi di libertà e solidarietà formulati dall’art. 2) da un lato afferma la libertà di iniziativa economica, e quindi qualifica il nostro paese per la presenza dell’economia di mercato, dall’altro però pone dei vincoli. Si pensi alle norme che rendono obbligatorio dotarsi di sistemi contro gli infortuni, oppure che obbligano a dotarsi di depuratori, per limitare l’inquinamento dell’aria e dell’acqua. Inoltre, riconosce allo stato il potere di intervenire, mediante leggi, per programmare l’attività economica, sia pubblica sia privata (coerentemente con l’impegno assunto nell’art. 3/2).
ART. 42 – IL DIRITTO DI PROPRIETA’
La libertà di iniziativa economica, prevista nell’articolo 41, è sostenuta dal diritto di proprietà privata, riconosciuto e garantito dalla legge. Limiti però possono essere messi a questo diritto, sia per tutelare gli altri sia, soprattutto, per esigenze pubbliche. Quindi, la decisione – per esempio – del comune di costruire una scuola prevale sul diritto del singolo di disporre della sua terra che, rispettando certe forme, gli può essere espropriata.
ART. 43 – I LIMITI AL MONOPOLIO PRIVATO E LA NAZIONALIZZAZIONE
Accanto all’economia privata si prevede anche un’area di economia pubblica, quando si abbia motivo di temere che i monopoli privati vadano contro l’interesse generale. Esempio di applicazione di questo orientamento, oggi fortemente contrastato dalla volontà di rendere private le imprese pubbliche (privatizzazione delle partecipazioni statali), è stata la nazionalizzazione delle aziende elettriche (nazionalizzazione e nascita dell’Enel nel 1962).
ART. 44 – LA PROPRIETA’ TERRIERA
Come caso particolarmente rilevante della limitazione della proprietà privata (art. 42/2), limiti alla libera disponibilità della terra sono posti per interesse pubblico e di chi la lavora. Per esempio, non è consentito frazionare la terra (in caso di vendita, di donazione, di successione) al di sotto della dimensione necessaria per mantenere una famiglia (minima unità colturale: art. 846 del Codice civile). Varie norme hanno limitato i diritti dei latifondisti (proprietari di grandi estensioni di terreno, talvolta incolto). Nelle zone di montagna sono state costituite nel 1971 le comunità montane, che partecipano ai piani di sviluppo del territorio.
ART. 45 – FUNZIONE SOCIALE DELLA COOPERAZIONE
Lo stato favorisce la costituzione di una forma di organizzazione economica, la società cooperativa, che ha come scopo principale non il profitto (come qualsiasi altra società) ma la mutualità, cioè un vantaggio per i soci (in termini di minori spese, come nelle cooperative di consumo o per costruire delle case, oppure in termini di maggiore retribuzione, come nelle cooperative fra lavoratori). Si tratta di un’indiretta applicazione del principio del primato sociale del “lavoro” (artt. 1, 4, 35).
ART. 46 – DIRITTO DEI LAVORATORI DI COLLABORAZIONE NELLA GESTIONE AZIENDALE
L’applicazione di questo articolo è limitata a intese fra organizzazioni sindacali e padronali, come il diritto di informazione sugli investimenti e i progetti futuri contenuto in alcuni contratti collettivi di lavoro. La legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) prevede un controllo dei lavoratori sull’applicazione delle norme per prevenire gli infortuni e le malattie professionali.
ART. 47 – LA TUTELA DEL RISPARMIO
L’atto del risparmio, cioè del non consumo, viene affermato come un valore per la collettività, dato che fornisce i mezzi per l’investimento produttivo. A tutela di questo risparmio vi sono la legge bancaria, che garantisce chi deposita i propri risparmi in una banca, e forme di controllo sulla Borsa (non sempre efficaci). Il secondo comma (applicando il principio della diffusione della proprietà enunciato nell’art. 42/2) prefigura una società di piccoli proprietari, sia di beni indispensabili alla vita (la casa) e al lavoro (la terra), sia di attività finanziarie (azioni).