Gabriele D'Annunzio: la poetica

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

I modelli del giovane D’Annunzio sono il classicismo carducciano per la poesia e il verismo verghiano per la prosa, investito però di nuovi significati.  Il verismo dannunziano infatti è un verismo del tutto esteriore, di “maniera”.

La poetica di D’Annunzio si muove intorno a due assi principali: 

•La definizione di uno stile sublime, di un linguaggio iperletterario, vistosamente lontano dal linguaggio comune;

•Sul piano dei contenuti, invece, la rappresentazione di una realtà dominata dalla sensualità.

Entrambi gli aspetti andranno sempre di pari passo: la stessa ricerca linguistica è sostenuta da un “amore sensuale della parola”.

La poetica dannunziana attraversa diverse fasi, tra l'estetismo, il panismo e il superomismo che sinteticamente sono caratterizzate da: l'esaltazione dell'arte come valore fondamentale dell'esistenza, la fusione tra l'uomo (poeta) e la natura al pari di un dio e l'elevazione del poeta a figura eletta al di sopra della mediocrità della massa.

Estetismo: alla ricerca di nuovi valori fondanti per l’uomo, il culto della bellezza e della sensualità, concezione della vita come opera d’arte. 

Panismo: sempre alla ricerca di nuovi valori fondanti per l’uomo, la fusione totale dell’uomo con la natura e con il cosmo, concezione dell’uomo come divinità. 

D’Annunzio vivrà la sensualità come “panismo” (da Pan, dio greco della natura e dei boschi) come aspirazione, cioè, alla fusione totale con la natura e il cosmo. Resterà invece estraneo a ogni atteggiamento problematico o critico nei confronti della condizione umana.

Superomismo: si oppone al conformismo borghese, l’intellettuale è in grado di dominare la realtà attraverso una volontà superiore, concezione del poeta come eroe e vate.

La sua personale interpretazione del superuomo banalizza il pensiero di Nietzsche e lo forza all’interno del suo sistema di idee, sistema che ruota attorno al conformismo borghese e della democrazia. A questi principi democratici ed egualitari (che contaminano il senso di bellezza) contrappone l’energia violenta, il diritto di pochi individui eccezionali ad affermare il proprio dominio.

Il superuomo dannunziano è quindi energico, aggressivo e violento, ma è anche un esteta e cultore della bellezza, poiché il culto della bellezza è uno degli elementi costitutivi della sua superiorità.

La poetica del superuomo finisce quindi per assorbire la poetica dell’esteta dandole un nuovo significato: l’estetismo non è più rifiuto sdegnoso della realtà, come per Nietzsche, ma strumento di una superiore volontà di dominare la realtà stessa.

Passaggio al superomismo: Il trionfo della morte (1894) il protagonista non è più un eroe perdente, un malato, ma un superuomo; Le vergini delle rocce (1895).