Eugenio Montale: le opere

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

La prima raccolta, Ossi di seppia (1925) segna il passaggio dalle illusioni dell’infanzia alla disillusione della vita adulta. Le descrizioni del paesaggio ligure riflettono questa condizione: il mare rappresenta l’infanzia, il luogo dove risiede la possibilità di un rapporto armonico con la natura che con l’approdo alla “terra” della vita adulta si perde. La terra arida e pietrosa è l’emblema di un irrimediabile male di vivere, dell’immobilità, dell’accettazione del vuoto e dell’insensatezza della vita quotidiana.

Gli ossi di seppia sono il simbolo di una vita senza più carne né sangue, né sentimenti. Essi galleggiano in mare, ma più spesso si arenano sulle spiagge e rimandano così alla fondamentale dialettica del libro, quella tra il mare e la terra.

La raccolta è dominata dal simbolismo ed è espressione di un io lirico introverso. C’è attenzione per il paesaggio, per gli oggetti comuni descritti con precisione, con un linguaggio essenziale.

•Non chiederci la parola (1923);

•Meriggiare pallido e assorto (1916);

•Spesso il male di vivere ho incontrato.


Nella raccolta Le occasioni (1939) scompare il paesaggio ligure e l’attenzione dell’autore si sposta dalla natura allo spazio interiore della memoria, ai “talismani”, piccoli oggetti portafortuna in grado di esorcizzare, in modo consapevolmente irrazionale, il male di vivere, ma soprattutto all’amore.

Viene introdotta una figura femminile, una donna angelo, che sarà poi chiamata Clizia, che assume un ruolo di primo piano nella raccolta, con la funzione allegorica della Beatrice di Dante: guida il poeta tra il conoscibile e l’inconoscibile, tra condanna e salvezza.

L’io lirico è sempre più chiuso in se stesso, in difesa dei valori della civiltà e della poesia. Si passa dal simbolismo a un allegorismo definito umanistico perché allude a una possibilità, o alle Occasioni, individuali di salvezza. Vengono abbandonati gli elementi quotidiani in favore di termini più letterari.

In questa raccolta la poesia montaliana rivela alcuni punti di convergenza con la contemporanea poesia ermetica.


La figura di Clizia domina anche La bufera e altro (1956), e i valori positivi di cui è portatrice si oppongono alla totale barbarie della Seconda guerra mondiale. Nella sezione Madrigali privati compare una nuova figura femminile, Volpe, donna terrestre e sensuale.

L’io lirico si apre all’attesa di un possibile riscatto storico e civile. L’allegorismo diventa “religioso” e apocalittico, che diventerà allegorismo vuoto, privo di speranza a partire da Satura. Nella raccolta si alternano temi alti e sublimi, e temi più quotidiani e colloquiali, anticipando la materia delle raccolte successive.