Gabriele D'Annunzio: le opere
Il Piacere (1889) – Estetismo e filosofia del dandy
Trama:
Andrea Sperelli si presenta come una sorta di alter ego dell’autore e di antieroe vizioso: è, insieme, l’incarnazione di una sapiente fusione di arte raffinata e di abbandono agli istinti e il prodotto del degrado morale del mondo contemporaneo.
II conte Andrea Sperelli Fieschi d'Ugenta, ultimo discendente di una nobile famiglia, poeta e acquafortista di raffinata sensibilità, attende a palazzo Zuccari dove vive presso Trinità de' Monti l'affascinante duchessa Elena Muti. Sono trascorsi due anni dall'ultimo incontro, quando Elena aveva improvvisamente deciso di interrompere la loro intensa e tormentata relazione e di partire da Roma.
Andrea ha cercato invano di dimenticarla gettandosi nella vita mondana e passando da un'avventura erotica all'altra. Ferito in un duello il giovane conte ha trascorso nella villa di una cugina a Schifanoja una lunga convalescenza, durante la quale gli è sembrato di ritrovare se stesso nella poesia e nell'arte. Qui ha conosciuto Maria Ferres, moglie di un diplomatico guatemalteco, sensibile e pura, con la quale s'è illuso di poter vivere un amore finalmente sano.
Rientrato a Roma, l'esasperata sensualità lo ha portato però a rituffarsi nella ricerca del piacere e ora che Elena è tornata, anche se sposata con Lord Heatfield, si riaccende la passione per lei.
Durante il loro incontro Elena si dice disposta all'amicizia ma non più all'amore. Andrea esasperato pensa di trovare conforto nell'amore di Maria.
Da questo momento nei pensieri e desideri di Andrea le immagini delle due donne si sovrappongono morbosamente fino a non riuscire più a separarle. La situazione precipita quando Elena sta per concedersi ad un altro e Maria, coinvolta nella rovina del marito sorpreso a barare al gioco, è costretta a lasciare Roma. Nell'ultimo incontro con lei Andrea nel trasporto della passione si lascia sfuggire il nome di Elena. Maria fugge sconvolta. Rimasto solo Andrea si reca in casa Ferres e smarrito si aggira per le stanze dove vengono venduti all'asta i mobili.
Il romanzo fu accolto come una sorta di manifesto dell’estetismo.
Filosofia del Dandy:
“Bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui”.
Col suo stile di vita, il suo atteggiamento e il suo modo di presentarsi, che va oltre la mera esibizione di eleganza nel vestiario, il dandy intende definire in modo inequivocabile i tratti che lo distinguono da una massa che disprezza e di cui rifiuta i principi egalitari.
Le novelle della Pescara (1902)
L'opera nasce come raccolta di canti, con temi diversi, che acquisiscono unitarietà proprio in relazione all'elemento caratterizzante che è il territorio. I personaggi sono presentati come impulsivi, irruenti e talvolta feroci (fascino del primitivo).
Gli idolatri: D'Annunzio rafforza la sua analisi della natura villana e pastorale degli abitanti abruzzesi di basso ceto, mostrandoli in tutto il loro aspetto selvaggio, violento e animalesco, raffigurando in particolar modo il metodo di questi pastori nel confrontarsi tra loro in particolari eventi, come feste, ricorrenze, tragedie e catastrofi naturali. Ciò che D'Annunzio ne desume è ferocia e rabbia contro il prossimo e contro ciò che è diverso dalla loro natura, nonché cieca superstizione cattolica e credenza sfrenata verso Dio sino all'autolesionismo (San Pantaleone e San Gonselvo).
Alcyone (1903) – Panismo
Raccolta poetica contraddistinta dalla fusione dell’io poetico con il fluire della vita in natura, la sua identificazione con gli elementi della natura, in una metamorfosi che lo fa sentire simile a un dio (vitalismo panico).
La pioggia nel pineto (1902): due amanti che corrono attraverso un pineto, in cui risuona la musica della natura e della pioggia che usa la vegetazione come fosse uno strumento musicale. Alla fine delle poesia, il poeta ed Ermione sono talmente immersi nella natura da confondersi / fondersi con la vegetazione.
Notturno (1916)
Inevitabile frammentarietà della scrittura, scelta stilistica mirata alla ricerca di una nuova essenzialità della parola.
Differente dallo standard del poeta, in genere ottimista e pieno di desiderio di autoaffermazione.
La particolarità del Notturno all'interno della produzione dannunziana sta soprattutto nella sua carica riflessiva e meditativa, che supera, perlomeno per un breve tempo, la tensione superomistica del poeta, tutto intriso dall'esperienza del dolore (la perdita dell'amico che pilotava l'aereo, ma anche quella della madre). Secondo la critica, dunque, il Notturno assume una particolare importanza in quanto sembra essere occasione di un triste bilancio da parte del poeta sulla sua stessa vita.