La crisi di fine secolo

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

Come Francia e Inghilterra, anche l’Italia fu teatro di una crisi politico-istituzionale volta all’evoluzione del regime liberale verso forme di più avanzata democrazia, che si concluse con l’affermazione delle forze progressiste.

Alla caduta di Crispi (1896), determinata dagli insuccessi coloniali, seguirono altri governi che tentarono di risolvere le tensioni politiche e sociali con una restrizione delle libertà, volti a colpire indiscriminatamente ogni forma di protesta.

La tensione esplose con lo sciopero generale del 1898, quando un improvviso aumento del prezzo del pane fece scoppiare tutto il paese (conseguenza di un brutto raccolto e della sconfitta spagnola nella guerra di Cuba). La risposta del governo fu smisurata, con la proclamazione dello stato d’assedio e vide il culmine della repressione a Milano quando le truppe del generale Beccaris fecero uso dell’artiglieria contro la folla.

Capi socialisti, radicali e repubblicani furono arrestati e condannati a pene severissime.

Una volta riportato l’ordine nel paese, lo scontro passò nelle aule parlamentari, dove la maggioranza conservatrice tentava di dare una base legislativa all’azione repressiva dei poteri pubblici.

I gruppi di estrema sinistra (socialisti, repubblicani, radicali) si opposero mettendo in atto l’ostruzionismo.

Le elezioni del 1900 videro le opposizioni guadagnare seggi a scapito della maggioranza. Umberto I (attivo sostenitore delle azioni repressive) cadde vittima di un attentato per mano di un anarchico Gaetani Bresci, venuto appositamente dagli Stati Uniti per vendicare le vittime del ’98.