Il biennio rosso in Italia

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

In coincidenza con l’impresa fiumana, fra il 1919 e il 1920, l’Italia attraversò una fase di convulse agitazioni sociali soprattutto legate al continuo aumento dei prezzi. Lotta dei lavoratori operai e agricoli. Le lotte però rimanevano frammentate incapaci di creare un collegamento reciproco, le molte piccole rivoluzioni procedettero ognuna per proprio conto, a volte addirittura una contro l’altra.

Leghe bianche (associazioni contadine e operaie cattoliche): combattevano per lo sviluppo della piccola proprietà contadina.

Leghe rosse (associazioni contadine e operaie socialiste): per la socializzazione della terra.

Le elezioni del 1919 mostrarono il profondo cambiamento avvenuto in Italia: i liberal-democratici persero la maggioranza assoluta (200 seggi) seguiti dal partito socialista (156 seggi) e dal partito popolare italiano (100 seggi). Il Psi rifiutava ogni collaborazione coi gruppi borghesi e l’unica maggioranza possibile era quella basata sull’accordo tra popolari e liberal-democratici.

Il ministero Nitti, indebolito dall’esito delle elezioni, durò fino a metà 1920, quando a costituire il nuovo governo venne chiamato l’ormai ottantenne Giolitti. Si sperava che riuscisse a domare l’opposizione socialista.

I risultati del suo governo: nel 1920 trattò con la Jugoslavia e firmò il trattato di Rapallo dove l’Italia conservava Trieste, Gorizia e tutta l’Istria; mentre la Jugoslavia ottenne la Dalmazia, salvo la città di Zara che venne affidata all’Italia. Fiume fu dichiarata città libera.

In politica interna liberalizzò il prezzo del pane, nonostante le proteste dei socialisti, e avviò così il risanamento del bilancio statale. Non riuscì però nella mediazione parlamentare con l’accoglimento di alcune riforme, come aveva già sperimentato nel passato. 

Nel 1920 i conflitti sociali conobbero il loro episodio più drammatico con l’agitazione dei metalmeccanici che finì l’occupazione, ordinata dalla Fiom, delle fabbriche. I lavoratori in lotta vissero quest’esperienza come inizio di un moto rivoluzionario, ma si concluse tutto diplomaticamente tra CGL e industriali, con l’accettazione delle condizioni del sindacato che puntavano al controllo sindacale sulle anziende (grazie anche alla linea neutrale di Giolitti che come al solito non intervenne). Sul piano sindacale gli operai ne uscivano vincitori, ma delusi dalle aspettative maturate nei giorni eroici dell’occupazione.

Intanto nel 1921 la minoranza di sinistra abbandonava il Psi per formare il Partito comunista d’Italia.