L'Italia: guerra civile, resistenza, liberazione

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

A partire dall’autunno ’43 l’Italia era divisa in due entità statali distinte e in guerra tra loro. Al sud il vecchio Stato monarchico sopravviveva sotto il controllo alleato; mentre al nord il fascismo risorgeva dalle sue ceneri sotto la protezione degli occupanti nazisti.

La Repubblica Sociale

Il 12 settembre 1943 Mussolini veniva liberato da un gruppo di aviatori e paracadutisti tedeschi.

Pochi giorni dopo annunciò l’intenzione di dar vita a un nuovo Stato fascista: la Repubblica sociale italiana (Rsi). Innanzitutto si proponeva di punire gli artefici del tradimento del 25 luglio, monarchici, badogliani e fascisti moderati: cinque dei gerarchi che avevano votato l’ordine del giorno Grandi furono fucilati a Verona nel gennaio ’44 (tra cui anche il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano).

Il nuovo Stato repubblicano spostò le sue rappresentanze tra Lombardia e Veneto e alcuni ministeri furono spostati nei piccoli centri vicino al Lago di Garda, da qui il nome di Repubblica di Salò. La Rsi ribadì la sua fedeltà all’alleato tedesco e si contrappose al governo del Sud e alla monarchia. La Repubblica di Mussolini non acquistò mai credibilità per la sua totale dipendenza dai tedeschi, che si comportavano a tutti gli effetti come un esercito di occupazione (sfruttamento delle risorse economiche e umane e applicando le politiche razziali).

La resistenza armata ai tedeschi

La principale funzione effettivamente svolta dal governo di Salò fu quella di reprimere e combattere il movimento partigiano che stava nascendo nell’Italia occupata per opporsi ai tedeschi. Le regioni del Centro-Nord divennero così teatro di una guerra civile tra italiani, che si sovrapponeva a quella combattuta dagli eserciti stranieri.

I partigiani compivano azioni di disturbo e attentati contro militari o personalità tedesche e repubblichine. In qualche caso i tedeschi risposero con spietate rappresaglie, come nel marzo ’44, in risposta a un attentato dove trovarono la morte 33 tedeschi, furono fucilati alle Fosse Ardeatine 335 detenuti, ebrei, antifascisti e militari badogliani.

Le formazioni partigiane

Dopo una prima fase di aggregazione spontanea e casuale, le bande partigiane si andarono organizzando in base all’orientamento politico dei loro membri: Brigate Garibaldi, comunisti; Giustizia e Libertà, si ricollegavano al movimento antifascista degli anni ’30; Brigate Matteotti, socialisti.

La ricostruzione dei partiti antifascisti

Già da prima della caduta del fascismo era sorto il Partito d’azione (Pda) che comprendeva diversi gruppi che si collocavano in area intermedia fra il liberalismo progressista e il socialismo. Nello stesso periodo prendeva forma la Democrazia cristiana destinata a raccogliere l’eredità del Partito Popolare. Subito dopo il 25 luglio, fu costituito il Partito liberale (Pli) e rinacquero il Partito Repubblicano (Pri) e quello socialista col nome di Partito socialista di unità proletaria (Psiup).  I comunisti, da sempre presenti con i loro nuclei clandestini, riuscirono a ricostruire buona parte del loro gruppo dirigente.

La nascita del CLN

Subito dopo l’8 settembre i rappresentati di 6 partiti (Pci, Psiup, Dc, Pli, Pda, oltre alla Democrazia del lavoro, appena fondata da Ivanoe Bonomi) si riunirono a Roma e si costituirono in Comitato di liberazione nazionale (Cln) incitando la popolazione “alla lotta e alla resistenza per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni”.  Si proponevano così come guida e rappresentanza dell’Italia democratica, in contrapposizione non solo agli occupanti tedeschi e ai fascisti, ma anche allo stesso sovrano corresponsabile della dittatura e della guerra e al governo Badoglio, di cui il Cln chiese la sostituzione.

Il CLN e il governo Badoglio

Il Cln non aveva la forza di imporre il suo punto di vista, soprattutto perché il governo Badoglio godeva della fiducia degli alleati, in quanto garante degli impegni assunti con l’armistizio. Nell’ottobre ’43 il governo dichiarò guerra alla Germania e ottenne per l’Italia la qualifica di “cobelligerante”; un Corpo italiano di liberazione combatté in effetti a fianco degli anglo-americani, in rappresentanza del ricostituito esercito italiano.

Togliatti e la Svolta di Salerno

Il contrasto tra Cln e governo fu sbloccato nel ’44 dall’iniziativa del leader comunista Palmiro Togliatti. Scavalcando la posizione ufficiale di Cln, propose di accantonare ogni pregiudiziale contro il re o contro Badoglio e di formare un governo di unità nazionale capace di concentrare le sue energie sul problema prioritario della guerra e della lotta al fascismo. La svolta di Salerno (così chiamata perché Salerno era allora la capitale provvisoria del Regno del Sud), era in armonia con le scelte dell’Urss, ma serviva anche a legittimare il Pci agli occhi degli alleati e dell’opinione pubblica moderata.

Unità nazionale e tregue istituzionale

Si formò così il primo governo di unità nazionale, presieduto da Badoglio e comprendente i rappresentanti del Cln. Vittorio Emanuele III trasmise i suoi poteri al figlio Umberto in attesa che a guerra finita, fosse il popolo a decidere la sorte dell’istituzione monarchica. Nel giugno ’44, dopo che Roma era stata liberata dagli alleati, Umberto assunse la luogotenenza generale del Regno. Badoglio si dimise e lasciò il posto a un nuovo governo di unità nazionale presieduto da Ivanoe Bonomi.