L'intervento dell'Italia

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

L’Italia entrò in guerra nel maggio 1915 schierandosi a fianco dell’Intesa contro l’Impero austro-ungarico.

Nell’agosto 1914 a guerra appena scoppiata, il governo Salandra dichiarò la neutralità dell’Italia, giustificando il carattere difensivo della Triplice Alleanza (l’Austria non era stata attaccata e non aveva consultato l’Italia prima di intraprendere l’azione contro la Serbia).

In alcuni settori politici però si spingeva per l’eventualità di entrare in guerra contro l’Austria, che avrebbe consentito all’Italia di portare a compimento il processo risorgimentale riunendo alla patria Trento e Trieste.

I portavoce della linea interventista furono i gruppi e partiti della sinistra democratica: i repubblicani, i radicali, i socialriformisti di Leonida Bissolati e le associazioni irredentiste. Poi ci furono dall’altra parte dello schieramento politico i nazionalisti.

I neutralisti erano i liberali che facevano capo a Giovanni Giolitti. Egli infatti era convinto che l’Italia avrebbe ottenuto di più assicurando all’Austria il non intervento a favore dell’Intesa. Ostile all’intervento era anche il mondo cattolico, compreso il nuovo papa Benedetto XV, preoccupato di vedere l’Italia schierata al fianco dell’anticlericale Francia contro la cattolica Austria.

Il partito socialista e la Confederazione generale del lavoro (CGL), in contrasto con gli altri partiti socialisti europei, rimasero fermi nella posizione di netta condanna alla guerra, mentre il direttore dell’Avanti, Benito Mussolini, si schierò con un’improvvisa e clamorosa conversione, a favore dell’intervento. Fu espulso dal partito e fondò nel 1914 il quotidiano “Il Popolo d’Italia” che divenne la principale tribuna dell’interventismo di sinistra.

I neutralisti erano in termini di forza parlamentale la maggioranza, ma gli interventisti erano tra le forze giovani e dinamiche della società: studenti, insegnanti, impiegati, professionisti; e seppero mobilitarsi per conquistare le piazze e creare una propaganda che impose un’immagine di rappresentanti del “paese reale” in contrapposizione a quella del parlamento giolittiano.

Il governo Salandra allacciò segretissimi contatti con l’Intesa, pur continuando a trattare con l’Austria per strappare qualche compenso territoriale in cambio della neutralità.

Infine, il 26 aprile 1915, l’Italia firmò il cosiddetto patto di Londra con Francia, Inghilterra e Russia. Le clausole principali prevedevano che l’Italia avrebbe ottenuto in caso di vittoria, il Trentino, il Sud Tirolo fino al confine del Brennero, la Venezia Giulia, l’intera penisola istriana con esclusione di Fiume e una parte della Dalmazia.

La maggioranza neutralista del parlamento venne scavalcata dal Re e dalle manifestazioni di piazza. 

La sera del 23 maggio 1915 l’Italia dichiarava guerra all’Austria.