Un nuovo protagonista: il fascismo
L’occupazione delle fabbriche e la scissione di Livorno del Psi segnarono in Italia la fine del biennio rosso. La classe operaia iniziò ad accusare i colpi della crisi recessiva, oltre ad essere stremata da due anni di lotte.
In questo quadro si impose lo sviluppo del fascismo.
Il fascismo abbandonò l’originale programma radical-democratico e si orientò su strutture paramilitari (squadre d’azione) e puntò alla lotta spietata al socialismo, cavalcando l’ondata di riflusso antisocialista seguita al biennio rosso.
Nel novembre 1920 a Bologna gli squadristi cercarono di impedire la cerimonia di insediamento della nuova amministrazione comunale socialista. Vi furono scontri e sparatorie e per un tragico errore i socialisti in difesa di Palazzo D’Accursio, spararono sulla folla, composta dai loro stessi sostenitori. Da ciò i fascisti trassero pretesto per scatenare una serie di ritorsioni antisocialiste. Anche nelle proprietà terriere dove le leghe rosse avevano egemonizzato il potere e le amministrazioni comunali privilegiando il ruolo dei salariati senza terra, i proprietari terrieri scoprirono nei Fasci lo strumento capace di poterle abbattere e cominciarono a sovvenzionarli.
Gli obiettivi delle spedizioni squadriste erano i municipi, le sedi delle leghe, le camere del lavoro che venivano sistematicamente devastati e incendiati. Buona parte delle amministrazioni rosse della Valle Padana furono costrette a dimettersi.
Il movimento fascismo beneficiò anche di una sorta di neutralità mantenuta dal governo, che sperava di ridurre così le pretese dei socialisti, e di poter successivamente assorbire i fascisti nella maggioranza liberale.
In questa strategia si inquadrò la decisione di convocare nuove elezioni a maggio 1921 e di favorire l’ingresso dei candidati fascisti nei cosiddetti blocchi nazionali, cioè nelle liste di coalizione in cui i gruppi di conservatori, liberali e democratici, si unirono per impedire una nuova affermazione dei partiti di massa.
La situazione rimase pressoché invariata in parlamento, l’unica novità fu l’ingresso di 35 deputati fascisti, capeggiati da Mussolini.