La situazione dell'Italia fascista

Pubblicato da: Daniela il 20/06/2016

L'opposizione silenziosa

La maggior parte degli oppositori del regime agivano in volontario silenzio sfruttando i ridotti spazi lasciati dal regime, purché non si trasformassero in centri di opposizione politica.

I liberali trovarono un importante punto di riferimento in Benedetto Croce, che era protetto dalla sua notorietà internazionale, ma fu anche lasciato proseguire la sua propaganda dal regime.

L’agitazione clandestina in patria era prerogativa delle opposizioni comuniste.

Gli altri gruppi antifascisti (socialisti riformisti e massimalisti, repubblicani, liberal-democratici) svolsero la loro attività principale dall’estero, soprattutto in Francia.

Questi gruppi fondarono nel ’27 la Concentrazione antifascista e svolsero un’attività importante di propaganda e testimonianza.

Un nuovo impulso all’azione contro il fascismo e un’aperta critica alla tattica attesista della Concentrazione vennero dal movimento di Giustizia e Libertà fondato nel ’29 da Emilio Lussu e Carlo Rosselli che si proponeva come punto di raccordo fra socialisti, repubblicani e liberali e che cercava di far concorrenza ai comunisti sul piano dell’attività clandestina. Cercavano di coniugare gli ideali di libertà politica di giustizia sociale, ricomponendo la frattura fra liberalismo e marxismo.

I comunisti erano polemici nei confronti della Concentrazione e ostili ai tentativi di GL. Togliatti aveva preso il posto di Gramsci (arrestato nel ’26) e guidò con notevole abilità il partito negli anni della clandestinità, era anche un dirigente del Comintern e il Pci si allineò all’imperante culto di Stalin.

Nel ’34 durante la stagione dei fronti popolari, il Pci riallacciò i rapporti con i socialisti. Ma tale stagione durò poco.

L'autarchia

Alla fine del ’35 Mussolini decise di intensificare e rilanciare la politica dell’autarchia alla ricerca di una sempre maggiore autosufficienza economica. La produzione crebbe, ma lentamente. Aumentarono anche i prezzi e ciò comportò un peggioramento nei livelli di vita delle classi popolari.

Il rapporto con la Germania

Oltre al disagio economico si aggiungevano le diffuse preoccupazioni per l’amicizia con la Germania nazista.

La pace non era tra gli obiettivi di Mussolini, anzi, mirava a fare dell’Italia un popolo di guerrieri con un avvenire di conquiste e confronti militari.

Per avvicinarsi a questo obiettivo il regime doveva diventare ancora più totalitario.

Le leggi razziali

La manifestazione più seria e aberrante della stretta totalitaria fu l’introduzione nel 1938 di una serie di leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei.

Questa legge razziale giunse del tutto inattesa in un paese che non aveva mai conosciuto forme di antisemitismo diffuso. Con queste leggi Mussolini si proponeva di inoculare nel popolo italiano il germe dell’orgoglio razziale e fornirgli così un nuovo motivo di aggressività e compattezza nazionale.

Le leggi razziali suscitarono sconcerto e perplessità dell’opinione pubblica.