L'Italia e il disastro di Caporetto
Anche per l’Italia il ’17 fu l’anno più difficile della guerra. Nuove offensive sull’Isonzo ebbero risultati modesti e costi ancora più ingenti che in passato. Le manifestazioni di protesta nascevano sia tra i soldati sia tra la popolazione.
L’Austria approfittò della disponibilità di truppe provenienti dal fronte russo e inflisse un colpo decisivo all’Italia. Il 24 ottobre 1917 un’armata austriaca rinforzata da divisioni tedesche attaccò le linee italiane sull’alto Isonzo e le sfondò nei pressi del villaggio di Caporetto. Gli attaccanti avanzarono in profondità nel Friuli. La manovra fu così efficace e inattesa che buona parte delle truppe italiane dovettero abbandonare precipitosamente le posizioni che tenevano dall’inizio della guerra. La frettolosa ritirata si concluse due settimane dopo con un esercito praticamente dimezzato e retrocesso fino alla linea difensiva del Piave, lasciando in mano al nemico circa 10.000 km2 di territorio e oltre 300.000 prigionieri.
Il generale Cadorna gettò le colpe sui suoi stessi soldati accusandoli di essersi ritirati senza nemmeno combattere.
Fu rimosso dal comando supremo e sostituito da Armando Diaz.
Paradossalmente questa disfatta ebbe ripercussioni positive sul corso della guerra italiana. La ritirata sul Piave accorciò notevolmente il fronte di conseguenza ridusse il logorio dei reparti combattenti.
Inoltre la guerra difensiva assunse un nuovo significato siccome il nemico occupava parte del territorio nazionale, ciò contribuì a rendere più comprensibili gli scopi del conflitto.
Attraverso la propaganda svolta tra le truppe, si cercava di prospettare ai soldati la possibilità di vantaggi materiali di cui il paese e i singoli cittadini avrebbero potuto godere in caso di vittoria.